Il volume edito da Libritalia sarà protagonista sabato 14 dicembre alle ore 17.00 grazie all’organizzazione della sezione vibonese dell’UIR, Unione degli Insigniti al Merito della Repubblica
La Calabria per Giuseppe Garibaldi non è solo quella parentesi tragica raccontata su tutti i libri di storia della ferita sull’Aspromonte. È molto di più, sebbene poco sia stato finora raccontato.
La Calabria per Garibaldi ha rappresentato una pietra d’angolo della sua avventurosa vita. In Calabria molti riconoscevano in lui il condottiero dal carattere esuberante, l’uomo che, sprezzante di ogni pericolo, non ci pensava due volte a passare dalle parole ai fatti, dal carattere burbero ma dal cuore generoso, l’uomo del “sistema” ma anche “contro il sistema” che lo avrebbe voluto sottomesso alle proprie regole.
Con il suo libro, edito da Libritalia, “Garibaldi La sua Calabria Cavour e Roma” Francesco Deodato parla anche di uno dei sogni di Giuseppe Garibaldi, la conquista di Roma, la città eterna.
Finalmente, dunque, un volume che fa giustizia di questi passaggi storici meno raccontati. Questo grazie a Francesco Deodato che, per la casa editrice Libritalia, ha realizzato, appunto, il libro “Garibaldi la sua storia Cavour e Roma”, che sarà presentato sabato dicembre alle ore 17.00 nelle Sale CEV di Palazzo Gagliardi a cura della sezione vibonese dell’UIR, l’Unione degli Insigniti al Merito della Repubblica Italiana.
L’aver scelto Palazzo Gagliardi è certamente un’idea felice ed opportuna, per richiamare alla memoria uno dei momenti storici più importanti e gratificanti della storia della città di Vibo Valentia e della presenza di Giuseppe Garibaldi in città. Non a caso la piazza dove si affaccia Palazzo Gagliardi porta il nome di Piazza Giuseppe Garibaldi, quale omaggio di questo momento storico (e non c’è dubbio che una città mantiene il suo fascino carismatico solo se, conoscendola, rispetto la storia, ne ha cura e non la stravolge, non la cancella con trovate estemporanee!).
Per comprendere ciò, basta richiamarsi alle cronache del tempo, a quel 17 agosto 1860, quando, Giuseppe Garibaldi, proveniente dall’Affaccio (arrivava infatti da Mileto) si avviò su di un calesse verso Palazzo Gagliardi.
Uno dei testimoni fu anche un bambino di appena 8 anni che, tenuto per mano da un anziano prete, suo pedagogo, gli andò incontro, “vestito a festa e con un tricolore sulle spalle”, mentre il padre, Pietro Paolo, nella sua veste di Comandante della Guardia Urbana, aveva il compito di accogliere l’Eroe dei Due Mondi nel momento in cui faceva ingresso in città.
Come ricorda Maurizio Bonanno, in un altro libro sempre edito da Libritalia – “Quel giorno io vidi il sole” – quel bambino era piccolo Eugenio Scalfati, l’intellettuale monteleonese poi fondatore del giornale “L’Avvenire Vibonese”, rimasto talmente affascinato dalla figura quasi mitologica del generale-guerriero, che così lo descrisse: “Eccolo là, l’invitto, il redentore, ha fulvo il capo ed il mento, e gran bagliore manda dagli occhi furor. Oh, perché siede in cocchio e non cavalca come gli antichi eroi?”.
L’immagine dell’eroe, del liberatore rimarrà per sempre nella memoria del giovane Eugenio Scalfari al punto da modellare la sua vita futura sui valori ed i principi della libertà e dell’uguaglianza tra gli uomini.
Ecco perché assume una valore, ulteriore e straordinario, la presentazione di questo libro proprio a Palazzo Gagliardi, dal cui balcone Garibaldi pronunciò un discorso memorabile per i monteleonesi del tempo e che dovrebbe inorgoglire i vibonesi di oggi: “
“Quando un popolo si scuote così vivamente all’annunzio della libertà, questo popolo merita d’essere libero, io dunque accetto questa vostra calda manifestazione e ve ne sono riconoscente”.
Un discorso che non andò oltre solo a causa dell’entusiasmo della popolazione e degli applausi frenetici, al punto che aggiunse solo un’ultima, significativa, frase, prima di rientra, commosso, lasciando il balcone di Palazzo Gagliardi: “…in mezzo a voi parme d’essere in messo alla mia famiglia”.
L’idea di scrivere questo libro è anche per capire il perché per ben due volte Garibaldi sia partito dal sud dell’Italia alla conquista di Roma e non abbia preferito il suo nord; quel nord dove risiedeva la monarchia sabauda alla quale la prima volta consegnò il Regno delle due Sicilie strappato ai Borbone e la seconda volta avrebbe dovuto consegnare Roma strappata al Papato. Presente nel libro anche la figura di Cavour, mente eccelsa della politica, grande stratega e sempre in contrasto con Vittorio Emanuele II.
«Trattando in questo mio lavoro di Garibaldi e della mia terra, la Calabria – dichiara in proposito Francesco Deodato – ritengo che essa, per Garibaldi, abbia rappresentato una pietra d’angolo della sua avventurosa vita. Una delle tante conferme viene dal testo di un telegramma che il Generale spedì il giorno successivo alla storica resa delle truppe borboniche a Soveria Mannelli: “Dite al mondo che ieri coi miei prodi calabresi feci abbassare le armi a diecimila soldati, comandati dal generale Ghio”. Si noti quanto orgoglio tra le righe quando viene affermato “coi miei prodi calabresi”»
Il programma dell’incontro, moderato dal Cav. Maurizio Bonanno, prevede, oltre alla presenza dell’autore il Cav. Francesco Deodato, l’intervento del Cav. Gaetano Paduano, Presidente della sezione di Vibo Valentia dell’UIR e Consigliere del Direttivo Nazionale, il tutto arricchito dalla esposizione delle tele dell’artista Mariana Giubegeanu.