Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 15 dicembre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, carissimi,
oggi, celebriamo la 3ª domenica di Avvento, detta “gaudete”. Ci accompagna, nel cammino verso la celebrazione del santo Natale, Giovanni Battista, il quale, a chi gli chiedeva cosa bisognava fare per preparare la strada del Signore, suggeriva di praticare la giustizia dentro il proprio agire, di allargare il cuore, di guardare il vicino con un po’ più di affetto.
Accostiamoci al testo della liturgia odierna:
“In quel tempo le folle interrogavano Giovanni dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?” Rispondeva loro: “Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”.
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: “Maestro che cosa dobbiamo fare?” Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”.
Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi, che cosa dobbiamo fare? Rispose loro: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”. (Luca 3,10- 18).
Questo brano di Luca ci presenta Giovanni sulle rive del fiume Giordano, nel deserto, che conversa, in maniera così avvincente a tal punto che le folle, venute da lontano, dopo averlo ascoltato, chiedono: “Cosa dobbiamo fare?”. Lui, con semplicità, propone la condivisione dei beni: “Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. Giovanni, all’economia del cumulo, propone l’economia del dono e della condivisione.
Chiedono il battesimo a Giovanni, quale adesione al suo messaggio, anche i pubblicani, uomini ritenuti perduti, perché alle dipendenza dei Romani. Anche a loro Giovanni da’ una speranza di salvezza: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Vengono anche i soldati e, anche a loro, dà spiragli di redenzione: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”. Giovanni non chiede a chi desidera la salvezza di lasciare il proprio lavoro, no, ma suggerisce ad ognuno di saper fiorire, là dove è stato seminato. Nelle risposte di Giovanni c’è un progetto di un futuro, di condivisione, di un superamento delle prepotenze, di una condanna delle violenze.
C’è la richiesta di una conversione, lasciare, cioè, la vecchia via per intraprendere un cammino di pace, di accoglienza, di partecipazione.
Anche a noi, uomini e donne del duemila, alla vigilia del Giubileo, risuona l’interrogativo: “Cosa dobbiamo fare?”: Dobbiamo alzare la voce per frenare, nel nostro vivere, l’emorragia di umanità e di conoscenza… e gridare forte contro la guerra, perché “la guerra è ignobile, è il trionfo della menzogna e della falsità: si cerca il massimo interesse per sé ed il massimo danno per l’avversario, calpestando vite umane, ambiente, infrastrutture” (Papa Francesco).
Dobbiamo condannare le nefandezze delle sperequazioni sociali : c’è chi consuma, al banchetto della vita, tutto con voracità scandalosa e chi ha, soltanto, briciole da dare ai figli, che chiedono pane. Il problema, oggi, non sono i poveri, quanto i ricchi. Il pane nel mondo c’è per tutti, ma la avidità dei ricchi sigilla tutto sul proprio conto.
Dobbiamo avere a cuore la rivolta degli onesti e tessere un mondo di fraternità, di gratuità,di accoglienza e di conoscenze.
Buona domenica, veramente buona, con l’invito di Paolo (seconda lettura della liturgia) alla gioia, perché un mondo nuovo sta per venire: “Fratelli rallegratevi nel Signore; ve lo ripeto, ancora, rallegratevi… Il Signore è vicino”. (Lettera ai Filippesi 4,4).
Don Giuseppe Fiorillo.