Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 22 dicembre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime,carissimi,
nell’ultimo tratto di strada verso il santo Natale, ci accompagnano due donne, Elisabetta e Maria, entrambe con il grembo carico di vita, che viene da Dio.
Sì! viene da Dio! E Dio viene sempre come vita, come gioia, come abbraccio. Ed è bello contemplare questa pagina del Vangelo di questa quarta domenica di Avvento all’insegna di queste tre parole: vita, gioia, abbraccio.
Andiamo al testo che, oggi, ci propone la liturgia: “In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a Gran voce: “Benedetta tu, fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa debbo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Luca 1,39-45).
L’angelo Gabriele, nell’annunzio fatto a Maria, le aveva dato un segno: “Vedi anche Elisabetta, tua parente nella sua vecchiaia ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio” ( Luca 1, 36- 37).
Allora Maria “in fretta” corre per condividere quel segno, impossibile ad umana esperienza, con chi quell’impossibilità già la viveva dai sei mesi con difficoltà. Chi ha Dio dentro vola verso chi ha bisogno… Ed Elisabetta ha grande bisogno, perché vecchia e non preparata a quella inaspettata gravidanza. Maria, dunque, corre verso il villaggio a sud di Gerusalemme, Ain Karem (150 km distante da Nazareth), dove avviene, nel segno della benedizione, l’incontro tra le due donne, protagoniste dell’evento detto “la Visitazione”.
Ma che hanno in comune la giovane donna, Maria, e la donna anziana, Elisabetta? Apparentemente nulla. Sono diverse per età: giovane la prima, assai avanti negli anni la seconda. Sono diverse per ceto sociale: la prima, promessa sposa ad un artigiano, la seconda, sposa di un sacerdote del Tempio. Abitano luoghi diversi: la prima in uno sconosciuto paese della malfamata Galilea, Nazareth, la seconda in Ain Karem, paese residenziale per le famiglie di tanti sacerdoti, data la vicinanza con il Tempio di Gerusalemme.
Ma, nel disegno di Dio, hanno tanto in comune. Oltre al legame di sangue, le riunisce questo avvenimento: tutte e due attendono un bambino.
Maria, la vergine, è all’inizio della sua gravidanza, Elisabetta, la sterile, è prossima al parto. Tutte e due sanno che la creatura che portano in grembo è dono gratuito di Dio: Dio che dà grazia su grazia, Dio che fa di quest’incontro un appuntamento di fede, di speranza e di stupore. Tutte e due sono in festa; ed in fretta sono le creature che si nutrono dentro la loro vita: “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino si mise a danzare nel suo grembo” (Luca 1,44).
Ed anche noi, oggi, siamo in festa e ci rallegriamo con Elisabetta, con Zaccaria suo sposo, con Maria, la prima volontaria dalla storia cristiana; e lodiamo e ringraziamo il Signore che, con la forza di queste narrazioni, ci annunzia che la santità non abita solo nei luoghi sacri e nelle liturgie solenni, ma anche nella carne delle donne: “dolce carne, che si fa cielo” (Marina Mercolini).
Buona domenica nell’attesa del Signore che irrompe nelle vicende delle nostre storie portando stupore, all’insegna di una donna, Elisabetta, incinta in tarda età e all’insegna di un bambino che, al sesto mese, riconoscendo Maria, prescelta per diventare la madre del Messia, danza con gioia nel grembo della vecchia madre… Perché “nulla è impossibile a Dio”!
Don Giuseppe Fiorillo