Un confronto intenso, anche con attimi di tensione, ma utile appena affinché l’esasperazione dei cittadini di Vibo Valentia non degrada nella rassegnazione
Che l’acqua sia un incubo per i vibonesi è ormai fatto consolidato. Che fosse necessario confrontarsi su questa questione, magari in un dibattito pubblico preferibilmente nella più alta assise cittadina, una necessità.
Non che questo possa cambiare gli eventi… e la dimostrazione plastica si è avuta anche nel corso del Consiglio comunale straordinario aperto alla popolazione, utile solo a permettere che l’esasperazione dei cittadini di Vibo Valentia non degrada nella rassegnazione di chi ormai non ha più memoria di un servizio idrico degno di questo nome, capace di portare nelle case acqua effettivamente utilizzabile, così come poi viene richiesto quando si è chiamati a pagare il canone.
Comunque, se proprio si vuole individuare un aspetto positivo di questa giornata, c’è che in qualche modo amministratori e amministrati hanno condiviso i problemi che affannano la città, che si è compreso che si è tutti sulla stessa barca, una barca che naviga a vista ed in balia di una rete idrica fatiscente carica di problemi che si trascinano da decenni, così come i dubbi che aleggiano sull’invaso dell’Alaco, quello che rifornisce il territorio e che «non è stato mai bonificato».
I cittadini legittimamente chiedono che qualcuno si assuma la responsabilità di dire se l’acqua sia potabile oppure no, ma questo non accade malgrado le sollecitazioni del Comitato civico coordinato da Luciano Gagliardi.
A conti fatti, la conclusione cui si può giungere non è rassicurante, perché il Comune non può dichiarare la non potabilità, ma può solo prendere atto delle analisi dell’Asp e dell’Arpacal, a cui spetta il compito di vigilare sulla salubrità di ciò che scorga dai rubinetti. Ma della ben nota terna commissariale chiamata a reggere le sorti dell’Asp non c’è stata traccia in questo Consiglio comunale aperto ed al sindaco non è rimasto altro che prendere atto di tutta la sua impotenza.