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Il Tar conferma lo scioglimento del Comune di Tropea per infiltrazioni mafiose. Rigettato il ricorso del Sindaco Macrì

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Nelle motivazioni, il Tar avrebbe individuato irregolarità negli appalti pubblici. Ai ricorrenti, non rimane, come ultima possibilità, che appellarsi al Consiglio di Stato

Il Tar del Lazio ha confermato lo scioglimento per mafia del Comune di Tropea avvenuto ad aprile dello scorso anno sulla scorta della relazione inviata dall’allora prefetto di Vibo Valentia Paolo Giovanni Grieco.

Respinto, dunque, il ricorso presentato dall’ex sindaco Giovanni Macri, dal vice Roberto Scalfari e dai consiglieri Francesco Addolorato, Carmine Godano, Caterina Marzolo e Greta Trecate, che contestavano l’assenza di “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata”. Di avviso diverso il Tribunale amministrativo che, dopo aver sottolineato che “lo scioglimento non è una misura di carattere sanzionatorio, bensì preventivo, ed è volto ad affrontare una situazione emergenziale al fine di salvaguardare l’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata”, ha ribadito che per l’emanazione del provvedimento di scioglimento “è sufficiente la presenza di elementi indizianti, che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto inquinante tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato”.

Nelle motivazioni, il Tar avrebbe individuato irregolarità negli appalti pubblici con “ben 110 affidamenti diretti in favore della stessa ditta e 61 in favore di altra impresa senza gare d’appalto”, così come gravi sarebbero i ritardi nel dare esecuzione ad ordinanze di demolizioni nei confronti di persone considerate esponenti del clan La Rosa.

Di conseguenza, per il Tar esistono “rilevanti, univoci e concordanti elementi sul condizionamento mafioso degli organi politici ed amministrativi del Comune di Tropea”. Rilievi anche sull’acquisto di un’auto Audi A6 da parte del sindaco dalla suocera del boss di Tropea due giorni prima del sequestro della stessa vettura ad opera dell’autorità giudiziaria.

Il prefetto di Vibo Valentia, nella sua relazione, aveva sottolineato “che nessun amministratore locale, che impronti il proprio operato a principi di integrità, dovrebbe mai porre in essere rapporti commerciali con individui controindicati, fornendo evidente appoggio agli stessi al fine di evitare l’applicazione di misure patrimoniali disposte in loro danno”.

Ai ricorrenti, non rimane, come ultima possibilità, che appellarsi al Consiglio di Stato.

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