Riflessioni sulla pagine del Vangelo di domenica 2 marzo
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, carissimi,
la pagina della liturgia dell’8ª domenica del tempo ordinario fa parte del cosiddetto discorso della pianura; raccoglie detti e sentenze di Gesù che, prima della stesura dei Vangeli, circolavano di già fra i primi cristiani, mettendo in luce valori e limiti delle nascenti comunità.
Ascoltiamo l’ultima parte del discorso della pianura: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono”… (Luca 6,39-45).
Tante sono le suggestioni che ci regala la lettura del brano odierno e tante sono le immagini che ci invitano a riflettere. Fra tante ci fermiamo a contemplarne due: occhio ed albero.

OCCHIO.
La storia della salvezza, la Bibbia, inizia con il vedere Dio che crea e, nel creare, si compiace nel vedere che tutto è buono. I sette giorni, nei quali simbolicamente Dio crea il mondo, vengono sigillati con questa espressione: “e Dio vide che era cosa buona”. Grande risalto da’ poi Gesù alla luce. Ed è dalla patologia dell’occhio, in senso fisico, miopia o presbiopia, che siamo portati, spiritualmente parlando, a leggere i comportamenti di fratelli e sorelle delle comunità. Miopia è vedere bene da vicino e male da lontano; presbiopia è vedere bene da lontano e male da ricino. Colui che vede la pagliuzza nell’occhio del fratello e non vede la trave nel suo ,è un presbite dell’anima.
Noi abbiamo occhi perfetti, da lince, nel vedere i difetti del prossimo ed occhi pieni di cataratte, da talpe cieche, quando si tratta di vedere i nostri difetti. È necessario, secondo il messaggio di Gesù, rovesciare le cose: mettere i nostri difetti sulla bisaccia che abbiamo davanti (la favola di Esopo ci insegna!) ed i difetti degli altri sulla bisaccia di dietro.
“Da dove viene – diceva un padre antico – tutta questa smania di giudicare tutto e tutti se non da mancanza di amore? Se avessimo in noi un po’ più di amore e di compassione non ci cureremmo di guardare i peccati del prossimo, perché “l’amore tutto copre” (1 Corinzi 13, 6). Non sono certo ciechi i santi e nessuno odia il peccato quanto loro; eppure non odiano chi lo commette , non giudicano, ma ne hanno compassione, lo consigliano, e si prendono cura di lui, fanno di tutto per guarirlo e salvarlo”. (Doroteo di Gaza , detto l’Eremita)
ALBERO.
Gesù ci invita , con questa seconda immagine, alla scuola degli alberi. “Dai frutti conoscete l’albero”. L’albero prende vita dalle radici. Le radici degli alberi, sotto terra, comunicano tra loro e si soccorrono. Le radici più in forza soccorrono le più deboli. (Stefano Mancuso). C’è una bella relazione, un meraviglioso intreccio silenzioso che crea sulla terra un prodigio chiamato albero, fatto di fusto ,rami, fiori e frutti. E l’albero non tiene nulla per sé. I frutti vengono dati a chi li raccoglie; e ciò che resta viene, cadendo, donato alla terra.
È questa la lezione degli alberi: lavorare in silenzio, creare relazioni di vita, partecipare i beni, fuggendo l’accumulo, che crea sempre divisioni, guerre, soprusi e sopraffazioni.
Queste due immagini, a noi date, occhio ed albero, sono sale di sapienza, luce che trafigge le tenebre, balsamo che cura le ferite. Sono segni concreti della vita quale manifestazione visibile di ciò che è invisibile: un cuore puro. Sono due segni che ci aiutano “a partire da noi, ma non soltanto per noi”. (Martin Buber).
Buona domenica.
Don Giuseppe Fiorillo.