I vertici della cosca gestivano investimenti in Lombardia, Veneto e Trentino, e, attraverso frodi fiscali, sostenevano economicamente le famiglie dei detenuti
17 persone sono state arrestate dai militari del ROS, in collaborazione con i carabinieri del Comando Provinciale di Crotone e dello Squadrone Eliportato “Cacciatori”, perché ritenute responsabili di associazione di tipo ‘ndranghetistico, e altri gravi reati, tra cui, estorsione, usura e reati in materia di armi, tutti con l’aggravante mafiosa.
L’indagine, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro in collaborazione con i colleghi di Trento, ha fatto emergere come un imprenditore originario di Isola Capo Rizzuto e il suo più stretto entourage, fossero al centro di un complesso e ramificato circuito riguardante illeciti fiscali, attraverso false fatturazioni per operazioni inesistenti, ricostruendo anche i suoi legami associativo-mafiosi, ipotizzando la sua appartenenza al locale di ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto.
In pratica il gruppo creava società fantasma e false partite Iva per reimpiegare i proventi illeciti destinati in parte anche al sostegno delle famiglie dei detenuti.
Le investigazioni hanno evidenziato come la consorteria fosse retta secondo le tradizionali regole di ‘ndrangheta, con l’utilizzo di imprese legate al sodalizio quale strumento per favorire l’organizzazione e gli associati detenuti, le proiezioni economico-criminali nel Nord Italia della organizzazione criminale con i referenti in Lombardia, Veneto e Trentino, il mantenimento dei contatti volti alla trasmissione delle direttive operative, da parte di uno degli esponenti di vertice del sodalizio, mediante i colloqui carcerari e l’uso di strumenti di comunicazione introdotti all’interno della casa circondariale.
L’imprenditore 44 enne originario di Isola Capo Rizzuto, si era trasferito per un periodo nella provincia di Bolzano, facendo da “collante” per gli interessi della cosca di Isola Capo Rizzuto, avviando una serie di progetti imprenditoriali di natura criminale, basati prevalentemente sulla commissione di reati di natura economico/finanziaria. Le attività investigative, condotte dai militari del ROS in collaborazione con il Centro Operativo della DIA di Padova, hanno consentito di accertare come, mediante strumenti di schermatura societaria, siano state gestite attraverso prestanomi, diverse società che hanno permesso di sottrarre denaro dell’economia reale verso le casse dell’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghestistico. Nello specifico, gli indagati dotavano le loro società di crediti fiscali creati apposta con lo scopo di trarne profitto dalla vendita diretta o dal loro utilizzo nel sistema delle compensazioni d’imposta. Queste realtà poi, dovevano essere assorbite in tutto o in parte da imprese con debiti erariali, attraverso operazioni di “fusione per incorporazione” o attraverso le cosiddette “società serbatoio” che, puntualmente dotate di ingenti volumi di crediti d’imposta inesistenti, consentivano all’organizzazione di aggiudicarsi contratti di appalto a prezzi nettamente inferiori rispetto ai parametri di mercato.
Nell’ambito poi del procedimento collegato e portato avanti dalla procura di Trento, a Bolzano, Bologna, Crotone, Milano, Roma, Foggia, Salerno, L’Aquila ed in Svizzera sono stati emessi diversi decreti di sequestro preventivo d’urgenza, nei confronti di 23 persone e delle società a loro riconducibili, per un valore complessivo di circa 25 milioni di euro.
I nomi degli arrestati
Antonino Francesco Arena
Antonio Bruno;
Antonio Giardino;
Pasquale Manfredi;
Luigi Masciari;
Carlo Alberto Savoia;
Antonio Viola;
Antonia Arena;
Antonio Arena;
Marilena Manfredi;
Antonio Masciari;
Francesco Masciari;
Domenico Megna;
Mario Megna;
Luigi Morelli;
Pasquale Morelli;
Nicola Pittella.