Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro
di Maurizio Bonanno
Adesso che è morto. È un rincorrersi senza soste a chi arriva prima per esprimere dolore e tristezza, a chi per primo ne esalta valore e potenza di pensiero, ma quando era in vita?
Finché è stato in vita, non era proprio così: finanche in Vaticano era malvisto in certi ambienti. Figura scomoda. Figura che si sganciava ogni volta che qualcuno ha provato ad aggregarlo. Irritante per le sue prese di posizione. Ha irritato la destra e la sinistra politica, ha irritato i conservatori e i progressisti; ha irritato dentro e fuori la Chiesa.
Accusato di essere troppo umano e poco sacrale, dopo il pontificato di Benedetto XVI (e quanti tra quelli che oggi lo osannano, mentre era in vita rimpiangevano apertamente Papa Benedetto XIV!), perché non faceva e non diceva sempre quello che ci si aspetta da un Papa cattolico e perché certe cose le ha fatte, da Papa cattolico. Rispetto al tema dell’omosessualità, nel 2013, Bergoglio ha affermato: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. Nel 2015 e nel 2016, invece, ha riammesso i sacramenti alle persone divorziate risposate e ha dichiarato più volte la necessità di maggiore attenzione nei confronti delle unioni civili, coppie eterosessuali oppure omosessuali. E la vicinanza del Papa ai rifugiati, con il gesto storico, nel 2016, di portare con sé 12 profughi, di ritorno dall’isola di Lesbo. Gli innumerevoli gli appelli per la lotta al cambiamento climatico e le procedure per prevenire e contrastare il fenomeno degli abusi sessuali all’interno della Chiesa.
Uno dei concetti base del pontificato di Papa Bergoglio, al quale molti di noi guardano con interesse culturale e comunanza di idee, è stato certamente quello della “Fratellanza Universale”
Fratelli tutti. Basta questo concetto, titolo di un’enciclica del 2020, per riassumere il cuore della dottrina sociale di Papa Francesco. Un appello, un sogno. Il desiderio, o meglio, la necessità della fratellanza in un mondo lacerato da tanti conflitti. La speranza in un mondo nuovo in grado di superare quella “globalizzazione dell’indifferenza” alla base di tante ingiustizie nel mondo.
Pubblicata il 3 ottobre 2020, Papa Francesco attraverso questa enciclica ha espresso apertis verbis in chiave assolutamente inedita un’idea di fratellanza universale, come legame che unisce tutti gli esseri umani, al di là della loro fede, ideologia, colore della pelle, estrazione sociale, lingua, cultura, nazione.
Si tratta di un pensiero che è vicino ad ideali che da trecento anni sono portati avanti da uomini che traggono ispirazione dalla prima Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dagli ideali che diedero vita alla Rivoluzione Francese. Uomini Liberi che propugnano la realizzazione di una Fratellanza universale e che in quella Enciclica del 2020 si sono ritrovati come sottolineato in molti commenti da alcuni filosofi, giornalisti e anche qualche alto prelato di Santa Roma Chiesa, esprimendosi senza riserve nei confronti del messaggio venuto fuori dall’Enciclica Bergogliana. Un limite teologico che evidentemente il Papa aveva ritenuto di superare, scegliendo ancora una volta di ispirarsi a San Francesco d’Assisi, che “si sentiva fratello del sole, del mare e del vento” che “sapeva di essere ancora più unito a quelli che erano della sua stessa carne”, e che “dappertutto seminò pace” e che “camminò accanto ai poveri, agli abbandonati, ai malati, agli scartati, agli ultimi”. Del santo poverello, il Papa ricordava spesso un episodio della vita “che ci mostra – spiegava – il suo cuore senza confini, capace di andare al di là delle distanze dovute all’origine, alla nazionalità, al colore o alla religione”: la sua visita al Sultano Malik-al-Kamil in Egitto, visita che comportò per lui un grande sforzo a motivo della sua povertà, delle poche risorse che possedeva, della lontananza e della differenza di lingua, cultura e religione.
Papa Bergoglio in quell’enciclica non ha esitato a riconoscere di essersi sentito stimolato in modo speciale nelle sue riflessioni dal Grande Imam della Moschea di Al Azhar Ahmad Al-Tayyeb, insieme al quale nel 2019 ad Abu Dhabi aveva firmato il Documento sulla Fratellanza Universale in cui si premetteva che Dio “ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace”.

“Nasciamo e siamo liberi e uguali ma allo stesso tempo restiamo anche diversi. Siamo diversi l’uno dall’altro per cultura, carattere, ingegno, predisposizioni ed attitudini. Sono queste differenze l’espressione più chiara della nostra uguaglianza che vive e si fortifica nelle diversità. Pertanto nell’Uguaglianza dobbiamo andare alla ricerca di tutti i valori, non solo di quelli condivisi, ma anche trovare la saggia e fertile convivenza con quelli che ci permettono di stare insieme con tutte le nostre reciproche e molteplici diversità. Siamo uguali perché diversi e possiamo e dobbiamo restare uniti per dare il meglio di noi e contribuire a una società e un mondo migliore. Bisogna essere consapevoli che serve nutrirsi nell’altrui diversità, per creare una vicendevole ricchezza che può abbattere le diseguaglianze e costruire ponti di coesione per camminarvi sopra insieme pacificamente. Siamo tutti fratelli, siamo tutti sotto lo stesso cielo”.
Ed è straordinaria la coincidenza con l’ultimo documento di Papa Francesco, ovvero il messaggio per il giorno di Pasqua di ieri, quando ha ribadito proprio questi concetti, affermando, tra l’altro: “In questo giorno, vorrei che tornassimo a sperare e ad avere fiducia negli altri, anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari, poiché siamo tutti figli di Dio!”.
Per poi affermare: “Nessuna pace è possibile laddove non c’è libertà religiosa o dove non c’è libertà di pensiero e di parola e il rispetto delle opinioni altrui”.
Tornando all’Enciclica “Fratelli Tutti” del 2020. Papa Bergoglio già allora osservava: “La Fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà, che è orientata soprattutto all’amore”.
Un trinomio, questo di Papa Francesco, ben visibile in quelle culture altrimenti definite laiche. Basti pensare a come questa Enciclica fu accolta sin da subito dalla Massoneria del Grande Oriente d’Italia, che nei mesi successivi dedicò, proprio a questa Enciclica, una lunga riflessione attraverso un articolo pubblicato sulla rivista ufficiale del GOI, Erasmo.
“Al di là della famiglia di appartenenza, al di là dell’etnia, della religione, degli orientamenti sessuali e del ceto sociale, siamo tutti uguali con pari dignità e pari opportunità. Senza distinzioni. E a tutti vanno date le stesse possibilità. L’uguaglianza non guarda al colore della pelle o degli occhi. La razza umana è una soltanto!”, affermò allora il Gran Maestro Stefano Bisi aggiungendo: “Sono questi i principi che la Libera Muratoria persegue e custodisce da sempre per l’elevazione dell’Umanità. Uguaglianza, libertà, sono come parole d’ordine, sono inviti a lavorare per raggiungere questi obiettivi ma è possibile farlo se c’è la fratellanza. È questa che fa sentire gli esseri umani parte di una comunità che vuole, appunto, libertà e uguaglianza”.

La perdita di Papa Francesco è la perdita di un Papa che cercò di affrontare le paure dei nostri tempi: la necessità di “recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà”; i rischi di un mondo digitale, il cui funzionamento favorisce circuiti chiusi di persone che la pensano allo stesso modo e facilita la diffusione di notizie false che incoraggiano pregiudizi e odi; non nascose quei fanatismi che allignano anche tra i cristiani e in ambienti cattolici; si scagliò contro la pena di morte e contro l’ergastolo, definita una “pena di morte nascosta”; ha affrontato la questione degli immigrati, definendola “una benedizione, una ricchezza e un nuovo dono che invita una società a crescere” e la questione della diversità come valore.
La diversità come valore e non come elemento di discriminazione.
Significativo e da prendere come modello il particolare che Papa Francesco scelse di dedicare le ultime righe di questa Enciclica a due preghiere: una “al Creatore” e l’altra, soprattutto l’altra “cristiana ecumenica”, affinché nel cuore degli uomini alberghi “uno spirito di fratelli”.