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“Ghost Town Immagini e parole” di Giulio Bellini. Il silenzio che parla: la memoria come atto di resistenza

&NewLine;<p><strong><em>Il paesaggio come specchio interiore&period; Estetica dell’assenza e memoria dei luoghi nel volume dito da Libritalia nella collana Li Edizioni&rpar;<&sol;em><&sol;strong><&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<&excl;--more-->&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>C’è una soglia sottile tra il documento e la rivelazione&comma; tra il visibile e l’invisibile&period; <em>Ghost Town – Immagini e parole<&sol;em>&comma; si muove esattamente su questa linea fragile&comma; esplorando non tanto i luoghi abbandonati quanto le loro risonanze interiori&period; È un libro che non racconta la desolazione&comma; ma l’attesa&colon; il tempo sospeso in cui la materia conserva la memoria dell’uomo&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Nel panorama contemporaneo della fotografia d’autore&comma; <em>Ghost Town – Immagini e parole<&sol;em> si distingue come un progetto editoriale capace di unire rigore visivo e intensità emotiva&period; Curato da <strong>Giulio Bellini<&sol;strong> e pubblicato da <strong>Libritalia<&sol;strong> nella collana <em>Li Edizioni<&sol;em>&comma; il volume affronta un tema tanto attuale quanto universale&colon; l’abbandono dei borghi&comma; la dissolvenza lenta e dolorosa della memoria collettiva&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<figure class&equals;"wp-block-image size-full"><img src&equals;"https&colon;&sol;&sol;vivipress&period;com&sol;wp-content&sol;uploads&sol;2025&sol;10&sol;ghost-town&period;jpg" alt&equals;"" class&equals;"wp-image-46490"&sol;><&sol;figure>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>La fotografia&comma; in Bellini&comma; non è mai semplice registrazione del reale&period; È piuttosto un atto di ascolto&period; Le sue immagini&comma; sospese tra documentazione e poesia&comma; restituiscono ai luoghi dimenticati una dignità visiva che trascende la semplice testimonianza&period; Ogni fotografia – muri scrostati&comma; finestre cieche&comma; piazze vuote – sembra vibrare di un’eco sommersa&comma; di un passato che non si arrende al silenzio&period; Questi scatti non descrivono&colon; interrogano&period; Ci costringono a sostare&comma; a lasciare che il vuoto si riempia di presenze&period; In questo senso&comma; <em>Ghost Town<&sol;em> non parla dei fantasmi come figure nostalgiche&comma; ma come proiezioni della coscienza collettiva&comma; riflessi di ciò che rimuoviamo per poter avanzare&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Il testo che accompagna le immagini – breve&comma; misurato&comma; mai retorico – agisce come una partitura emotiva&period; Le parole di Bellini non spiegano&comma; ma guidano la percezione&comma; accompagnano le immagini – brevi riflessioni&comma; frammenti poetici&comma; annotazioni di viaggio – amplificano la forza del racconto visivo con una sorprendente coerenza narrativa&period; Ogni scatto contribuisce a un racconto corale che parla di identità&comma; perdita e possibilità di riscatto&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>L’invito non è a osservare&comma; ma a ricordare&period; E nel ricordare&comma; riconoscersi&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Il volume non è però un esercizio di nostalgia&period; L’intento di <em>Ghost Town<&sol;em> è profondamente politico e civile&period; &OpenCurlyDoubleQuote;<em>Questi spazi silenziosi non chiedono pietà&comma; ma memoria&comma; azione&comma; riscatto<&sol;em>”&colon; questa dichiarazione programmatica si trasforma nel filo conduttore dell’intero progetto&comma; dove il gesto fotografico diventa anche gesto etico&comma; atto di restituzione del senso&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Dal punto di vista estetico&comma; il volume si colloca in una tradizione visiva che dialoga con la <em>landscape photography<&sol;em> più meditativa&comma; ma la supera nella direzione dell’interiorità&period; Il paesaggio abbandonato non è qui un oggetto esterno&comma; ma uno spazio psichico&period; Le crepe dei muri diventano ferite della memoria&comma; i vuoti delle case diventano lacune dell’identità&period; Lo sguardo di Bellini è partecipe e insieme analitico&colon; registra la materia del tempo e&comma; nel farlo&comma; interroga la nostra capacità di ancora appartenere a qualcosa&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Sfogliare <em>Ghost Town<&sol;em> significa attraversare una soglia di silenzio&comma; ma anche confrontarsi con la propria finitudine&period; L’assenza di giovani&comma; la scomparsa delle voci&comma; il lento deteriorarsi delle abitazioni sono segni di un destino che non riguarda solo i paesi dimenticati&comma; ma la nostra stessa condizione contemporanea&colon; quella di una civiltà che consuma i propri luoghi e poi li rimuove&comma; incapace di abitare la memoria&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>In un’epoca in cui l’immagine rischia di ridursi a consumo visivo rapido e superficiale&comma; <em>Ghost Town<&sol;em> ci restituisce il tempo della contemplazione&period; È un libro che chiede di essere sfogliato lentamente&comma; quasi in silenzio&comma; per permettere ai suoi &OpenCurlyDoubleQuote;fantasmi” di parlare&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Perché&comma; in fondo&comma; Bellini ci consegna un gesto di speranza&period; La fotografia diventa possibilità di rinascita&comma; strumento di ricomposizione tra ciò che è stato e ciò che può ancora essere&period; Guardare <em>Ghost Town<&sol;em> significa accettare il dolore dell’abbandono&comma; ma anche scorgere&comma; tra le rovine&comma; la forma possibile di un futuro&period;<br>Non c’è malinconia in queste immagini&comma; ma una chiamata silenziosa alla responsabilità del ricordo&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>E alla fine&comma; ciò che resta non è solo la malinconia per ciò che è stato&comma; ma la speranza di ciò che può ancora essere&period; Perché&comma; come suggerisce Bellini&comma; i paesi abbandonati non sono rovine&comma; ma semi di una possibile rinascita&colon; basta avere il coraggio di ascoltarli&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>E così&comma; quando chiudiamo il volume&comma; comprendiamo che il vero &OpenCurlyDoubleQuote;fantasma” evocato non è il paese che scompare&comma; ma la parte di noi che rischia di dimenticare di essere stata viva&period;<&sol;p>&NewLine;

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