Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 14 dicembre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, carissimi,
domenica scorsa, abbiamo lasciato Giovanni il Battista sulle rive del fiume Giordano, nel proclamare che il Cristo, il Messia atteso, era vicino. Oggi, terza domenica di Avvento, troviamo Giovanni in prigione, nella fortezza di Macheronte, una delle otto fortezze, costruite da Erode il grande (grande anche nelle nefandezze…), ad est del mare Morto. Erode Antipa, figlio di Erode il grande, in questa fortezza, secondo lo storico Giuseppe Flavio, organizzava feste e ricevimenti e passava i mesi invernali con la sua corte.
Andiamo al testo: “In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo del suoi discepoli, mandò a dirgli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. Gesù rispose loro: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!”… (Matteo 11,2-11). Giovanni, dopo circa otto mesi di predicazione nei pressi del deserto di Giuda, da Erode Antipa viene messo in carcere. Secondo Giuseppe Flavio, a motivo della sua crescente popolarità, assai temuta, da Erode. Secondo Matteo, a causa della dura condanna, fatta da Giovanni alla condotta sregolata di Erode: “Dite a quella volpe di Erode: non ti è lecito ripudiare tua moglie per prendere la moglie di tuo fratello (Matteo 14, 4).
Giovanni è in carcere ma, siccome il re Erode “lo teneva in grande considerazione”, secondo quanto ci riferisce il vangelo di Marco, può ricevere i suoi discepoli e da loro apprende l’operato di Gesù che è tutto il contrario del suo messaggio. E allora i dubbi lo assalgono!
Entra in crisi, perché lui, che aveva annunciato un Messia giustiziere, si trova, ora, con un messia misericordioso verso i peccatori. È la sua “notte dell’anima” di cui parlano i santi da Francesco d’Assisi a Giovanni della croce, da Teresa d’Avila a Teresa di Calcutta… solo per fare qualche nome…
Giovanni si libera dalla morte dell’anima, perché ha l’umiltà di aprirsi con i suoi discepoli, chiedendo loro di andare da Gesù e chiedere: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. Gesù, che inizia la religione dell’amore e pone fine alla religione dei riti, risponde: “Andate a riferire a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziato il Vangelo! E beato colui che non trova in me motivo di scandalo” (Matteo 11,4-6).
Gesù risponde a Giovanni con un elenco di fatti. Risponde con la profezia di Isaia (Isaia 61), di quell’Isaia che Giovanni conosce bene, avendo da lui preso l’incipit per la sua predicazione: “Voce di uno che grida nel deserto; preparate le vie del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”.
Gesù non dimostra, ma mostra un orizzonte di speranza con la presenza dei suoi compagni di viaggio, i quali sono sei, rappresentati dall’umanità dolente, in senso fisico, ma, ancor più in senso morale: ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi, morti, poveri. Gesù, con questa scelta degli ultimi, portava scandalo ieri e porta scandalo anche oggi, perché capovolge le regole della religione, della morale, del potere, mettendo al centro la persona, soprattutto la persona più debole e più fragile.
I dubbi di Giovanni non hanno diminuito la stima di Gesù, ma l’hanno ingigantita, perché Giovanni, con la mediazione dei suoi discepoli, ha saputo uscire dalle sue rigide. idee.”Nasce… a piè del vero il dubbio” (Dante, Paradiso 4,18).
Dove c’è una verità c’è, o ci può essere, un dubbio. Dal dubbio bisogna uscire con l’aiuto dei mezzi che si hanno a disposizione, altrimenti si rischia di restare prigionieri delle proprie idee “perché è più facile spezzare un atomo che liberarsi da un pregiudizio” (Albert Einstein).
Il messaggio forte che cogliamo in questa pagina del vangelo di questa terza domenica di Avvento è questo:
- essere capaci di rompere le catene delle nostre sicurezze;
- essere capaci di uscire ed accettare l’altro, le culture dell’altro, i colori della pelle dell’altro
- essere capaci di rendere la vita più umana, eliminando quelle strutture di morte che ci rendono prigionieri del nostro esasperato narcisismo.
Buona domenica, nella gioia del Signore, che viene sempre nella nostra vita.
Don Giuseppe.









