Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 5 giugno
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
oggi celebriamo la solennità della Pentecoste 2022.
Cinquanta giorni, dopo la Pasqua, presso gli Ebrei, si celebrava la memoria della Legge, data da Dio, sul monte Sinai, a Mosè; e si celebrava, ancora, la terra con le sue primizie.
Per tutti i popoli antichi il numero 50 è completezza di vita e di tempo.
A Gerusalemme, ogni 50 anni, sul pinnacolo del Tempio, suonava il grande “jobel” per annunziare il Giubileo, un anno di grazia civile e religiosa: riposo del Creato, restituzione delle terre confiscate ai poveri per debiti, liberazione degli schiavi, sollievo per gli oppressi.
Noi cristiani, fin dalle origini, celebriamo la Pentecoste, perché, in coincidenza con la festa ebraica, avvenne, nello stesso giorno, un grande evento: la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, su Maria e sui primi seguaci, riuniti nel Cenacolo.
“Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatté impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (Atti 2,1-4).
Questa narrazione è una teofania (grande manifestazione di Dio) che coinvolge persone e natura con vento, fuoco e lingue nuove con una valenza fortemente simbolica.
- Il vento richiama, difatti, “l’alitare” dello Spirito di Dio nell’evento della creazione (Genesi 1,2); e richiama ancora “l’alitare” di Gesù su gli Apostoli, nel Cenacolo, la sera della Resurrezione con la forza delle parole: “ricevete lo Spirito santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi (Gv 20,22-23).
- Il fuoco simbolo di calore, di luce, di purificazione: “i giusti il Signore li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiolo del fuoco” (Sapienza 3,5-6).
- Il dono delle lingue. A Gerusalemme per la celebrazione della Pasqua e della Pentecoste dell’anno 33 d.C. erano convenuti popoli di tutta l’area del Mediterraneo, i quali ascoltavano nelle proprie lingue le narrazioni dei Testimoni di Cristo che parlavano la propria lingua, l’aramaico.
Questo evento è stato letto ed è letto come messaggio di unità, comprensione, accoglienza, dialogo fra i popoli.
Oggi l’umanità ha bisogno urgente:
- di una rinnovata Pentecoste che abbia la forza spirituale di far sì che i fragori di morte di bombe e missili siano annullati dal suono di vita delle campane, dalle nenie dei minareti, dai mantra delle pagode…
- di una nuova Pentecoste che faccia sì che l’ascolto sia l’ospitalità della vita che apre “l’orecchio del cuore” (Regola di San Benedetto);
- di una nuova Pentecoste, grazie alla quale, finalmente gli uomini: “spezzeranno le loro spade per farne aratri, trasformeranno le loro lance in falci. Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Isaia,2,4).
Buona domenica di Pentecoste con la bella notizia: è lo Spirito che lentamente guida l’umanità, nonostante gli uomini facciano di tutto per ostacolarlo.
Don Giuseppe Fiorillo