Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 11 settembre: la parabola del “figliol prodigo”
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
oggi la liturgia della 24.ma domenica del T.O. ci propone, come lettura del vangelo, tutto il capitolo quindicesimo (Luca 15,1-32), nel quale Gesù, sempre in cammino verso Gerusalemme, narra le tre parabole della misericordia di Dio, quale risposta alle mormorazioni di Scribi e Farisei.
La parabola della pecora perduta e ritrovata; quella della moneta perduta e ritrovata; quella del figlio perduto e ritrovato.
Quest’ultima è la celeberrima parabola del Figliol prodigo o del Padre prodigo di Amore.
La parabola narra una drammatica storia familiare di un padre prodigo di amore nei confronti di due figli: il minore, prodigo nel peccato e nelle dissolutezze, il maggiore, prodigo in grettezza e chiusura mentale.
Al centro della vicenda un piccolo imprenditore agricolo che, da anni, attende il figlio minore che, chiesta la sua parte di eredità, era partito per un paese lontano, dissipando tutte le sue sostanze nei bassifondi dell’esistenza umana.
Un giorno, sconfitto e deluso, ritorna a casa e viene accolto dal padre con immensa gioia e festa grande.
Lacerante la delusione del figlio maggiore che, a sera, rientrato dai campi, appresa la notizia del ritorno del fratello, non vuole entrare in casa.
Il padre informato esce fuori, ammorbidisce il figlio con sensate e sofferte parole: “figlio mio è giusto fare festa, perché questo tuo fratello era perduto ed è tornato in vita”.
Questa vicenda familiare ha avuto, nella storia dell’arte e nella storia della letteratura, una risonanza mondiale.
Per la storia dell’arte, basta ricordare la tela di Rembrandt (262×205 cm) del 1668, ultimo suo lavoro che, dopo alterne vicende, resta patrimonio dell’Hermitage di San Pietroburgo.
Nel quadro c’è la celebrazione del Padre amoroso e misericordioso che abbraccia il figlio lacero e medico con due mani, l’una femminile, l’altra maschile: amore materno ed amore paterno, indispensabili per un retto processo pedagogico.
Dio è padre e madre: teologia ripresa da papa Albino Luciani nella sua ultima udienza con l’affermazione che Dio è padre ed è madre.

Per la storia della letteratura, fra centinaia di testi, ricordiamo “Il ritorno del figliol prodigo” di André Gide, Parigi 1909,testo provocatorio, dove viene esaltata la figura del figlio minore che abbandona la casa (la Chiesa), perché in essa vivono solo quelli che ” preferiscono all’amore il buon ordine”.
Ritorniamo al testo di Luca, “lo scriba della mansuetudine di Cristo” (Dante) e troviamo in esso il canto del ritorno a casa, della gioia per un peccatore salvato dagli abissi del peccato, il canto della speranza in un mondo che verrà tra il perdersi ed il ritrovarsi.
E troviamo, soprattutto, la celebrazione della vita come festa, condivisa da chi conosce la dolcezza della misericordia e del perdono:
“rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta (Lc 15,6);
“rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduta” (Lc 15,9);
“figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava fare festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto e si è ritrovato”(Lc 15,31-32).
La bella notizia per noi, oggi, potrebbe essere questa: la vita è da vivere come festa per esorcizzare guerre, pandemie, egoismi. Basta poco per sentirsi fratelli e sorelle: un pezzo di pane da condividere, un affetto da partecipare, un luogo dove sentirsi a casa.
Buona domenica.
Don Giuseppe Fiorillo