Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 19 marzo
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i ,
con questo lungo racconto siamo sempre con Giovanni (Gv 9,1-38) che ci accompagna in questa Quaresima con il suo messaggio, intessuto di simboli.
Oggi siamo nella celebrazione della festa delle Capanne, una delle tre principali feste, dopo la Pasqua e la Pentecoste .
La festa delle Capanne (dall’ebraico sukkoth, capanna) veniva celebrata dal 15 al 23 del mese di Tishri (settembre- ottobre) per ricordare i 40 anni nei quali il popolo, errando nel deserto, si accampava nelle tende o in capanne.
In questi otto giorni, al tempo di Gesù, il popolo lasciava le case e si alloggiava in tende, sistemate per strada o nei giardini.
Questa festa era considerata la festa della luce e dell’acqua, perché nel primo giorno venivano accesi quattro grandi candelabri d’oro per illuminare il Tempio nelle notti di preghiera e si concludeva, nell’ottavo giorno, con una processione, diretta alla fontana di Siloe, dove i sacerdoti prendevano l’acqua con anfore d’oro e, accompagnati con canti e danze, ritornavano al tempio per spargere quell’acqua, ritenuta sacra e così purificarlo.
In uno di questi giorni di festa (era un sabato):
“Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita… sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: va’ a lavarti nella piscina di Siloe, che significa “inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva” (Gv. 9,6-7)
Per Scribi, Farisei, sommi sacerdoti, ora, finisce la festa ed inizia un processo al cieco, ai suoi genitori ed a Cristo stesso, che ha osato, in giorno di sabato, dare luce ad un cieco.
Due mondi in guerra: i notabili del tempio mettono al centro la legge, il sabato, Gesù, al contrario, mette al centro la sofferenza, il cieco.
Gesù porta festa, perché dare luce è vedere visi, fiori, strade, animali, danze, libertà. Gesù partorisce sempre luce, i padroni delle istituzioni, invece, partoriscono tenebre.
Anche oggi di chi nasce si dice: “è venuto alla luce”; di chi muore si dice: “si è spento”.
Gesù partorisce luce, perché promuove l’uomo ad essere più uomo; Scribi e Farisei partoriscono tenebre, perché mettono Dio contro l’uomo. Non c’è peggiore sventura (ieri come oggi! ) servirsi di Dio per realizzare le proprie voglie.
Ecco, a volo di uccello, il processo intentato al mendicante miracolato.
Il mendicante viene chiamato dal Sinedrio per testimoniare sui fatti e non è creduto; vengono chiamati i suoi genitori e non sono creduti e, per paura di ritorsioni, affermano che il proprio figlio è nato cieco ma, come ora ci veda: “ha l’età, parlerà lui di sé”.
Vengono convocati alcuni del popolo, i quali affermano che, da anni, ricordano quest’uomo, ai bordi delle strade con la mano tesa per ricevere qualche spicciolo e con gli occhi spenti e… non sono creduti.
Il miracolato viene di nuovo convocato, il quale, gioioso per la qualità della nuova vita, osa provocare la suprema Corte affermando: “quell’uomo per me è un profeta, perché, per la sua azione, prima non ci vedevo ed ora ci vedo”.
A corto di argomenti Scribi e Farisei passano all’insulto e lo cacciano via con modi violenti: “quando viene meno la ragione si arriva a li coltelli” (Dante).
Anche oggi i padroni del mondo, elevando a valore assoluto il profitto, riducono le persone a merce, dopo averle cacciate dal processo economico e buttate nel buio della disperazione.
Buona domenica.
Don Giuseppe Fiorillo