Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 23 aprile
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
terza domenica di Pasqua. Oggi ci accompagna Luca, nella riflessione domenicale, con la narrazione del Risorto che, nel pomeriggio del giorno di Pasqua, va incontro a due discepoli sulla strada, che da Gerusalemme conduce a Emmaus (Luca 24,13-35).
Si tratta di una pagina di straordinaria intensità che ha ispirato, nei secoli, letterati, musicisti, pittori (celeberrimo il dipinto “In taberna Emmaus” di Rembrandt, 1629).
In questa pagina di Luca “lo scriba della mansuetudine di Cristo” (Dante) viviamo tre momenti: la strada, la parola, il pane.
La strada.
Per raggiungere Emmaus (l’odierna El-Qubeibe), distante 11 km da Gerusalemme, ci vogliono quasi due ore di cammino. La strada passa vicino alla tomba di Samuele in Rama e scende dolcemente verso il mare.
Nel pomeriggio del “giorno dopo il sabato” i due discepoli percorrono due volte questa strada: andata e ritorno.
Andata, agevole nel cammino, ma triste nell’animo.
Ritorno, faticoso, perché in lieve salita, ma con tanta gioia nell’animo, perché si ritorna per partecipare agli Amici, che avevano lasciato nel Cenacolo, l’incontro avuto col Risorto.
La parola.
Il viandante che, lungo il cammino, si unisce a Cleopa e compagno, spiega le Scritture dimostrando che il Cristo doveva patire per dare vita.
Mentre conversa e scorrono le ore ed i chilometri il loro cuore arde nel petto.
Oggi le nostre lezioni a scuola, le nostre catechesi in parrocchia, le nostre omelie in chiesa, il nostro processo educativo in famiglia: queste importanti realtà come vanno?
Hanno sapore di vera vita o sanno di sale scipito?
Ripetiamo una stanca lezione o portiamo fuoco di novità e di futuro ai nostri ragazzi?
Felici noi se vediamo in loro “non vasi da riempire ma fiaccole da accendere” (Plutarco); ” sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso”! (Luca 12,49).
Il pane.
“Resta con noi, perché si fa sera ed il giorno è ormai al tramonto” (Luca 24,29).
L’ospitalità è sacra presso gli Ebrei. Il viandante accetta l’invito, entra in casa e rimane con loro a condividere la cena.
Dio non forza mai le nostre porte, attende con umiltà il nostro invito.
“Ecco io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”( Apocalisse 3,20).
Il viandante “quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero” (Luca 24,30-31).
La parola lungo il cammino ha acceso i loro cuori, il pane spezzato ha aperto i loro occhi.
Parola e pane li mettono in cammino: “partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme”.
La fuga di delusione da Gerusalemme diventa, ora, corsa gioiosa, nella notte, per annunziare agli Amici che hanno visto il Risorto.
I due diventano così testimoni del Risorto, come Maria di Magdala, come le altre donne, come gli Apostoli.
La delusione e lo scoramento del cuore avevano allontanato i due discepoli dalla comunità di appartenenza, l’esperienza, fatta lungo la strada e la condivisione a mensa, li riportano al Cenacolo per rivivere la comunione fraterna.
Il Risorto, oggi ,è con noi, ogni qualvolta, noi frequentiamo la Parola e viviamo l’Eucarestia.
È sempre vicino come compagno del nostro pellegrinaggio terreno: occhi aperti, quindi, e cuore caldo!
Buona domenica con un monito che ci viene da un pensatore francese di ispirazione marxista: “Cari cattolici ricordatevi che Cristo non è soltanto nel Pane, ma ancor più nella frazione del Pane e nella condivisione con l’umanità” (Roger Garaudy: Danzare la vita, Parigi 1973).
Don Giuseppe Fiorillo