Riflessioni a penna libera pensando alle prossime elezioni comunali dell’8 e 9 giugno
di Maurizio Bonanno
Accertato che il centrosinistra, ricompattato e pronto a sperimentare il “campo largo”, ha il suo candidato a sindaco – Enzo Romeo da tempo in campagna elettorale riuscendo a portare in città i leader nazionali (Schlein domenica e Conte subito dopo) – ogni discorso sul tema delle prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Vibo Valentia si è finora incentrato (e continua ad incentrarsi) su un solo, unico aspetto: fare il nome giusto, individuare la persona adatta, indicare chi dovrà rivestire il ruolo di sindaco e quindi di assessore. Insomma, una caccia all’uomo, il solito e stucchevole “totosindaco”, come se per risolvere le drammatiche questioni che attengono alla gestione di una città come Vibo Valentia, sia questione legata alla persona, all’uomo o donna da incasellare quale sindaco oppure assessore. Nomi, nomi, nomi; alleanze e coalizioni… ma sempre in funzione del nome!
Assente, completamente assente un’analisi, sia pure sommaria della realtà, l’impegno a capire i motivi di una opportuna ripartenza; soprattutto, completamente assente uno straccio di idea di città che guardi al futuro, ad un futuro possibile e praticabile.
Il suggerimento da dare alle coalizioni che ancora non hanno sciolto i loro dubbi è quello di invertire lo schema secondo il quale ci si accorda sul nome: è sulle idee che si deve trovare il punto di intesa, su un progetto di città, su un futuro realisticamente possibile.
Certo, accantonare le idee e concentrarsi sui nomi è comodo: pensare è impegno più gravoso, analizzare e progettare poi… impresa quasi titanica, questi tempi!
Eppure, se non si accetta la sfida di guardare in faccia la realtà e confrontarsi su idee-progetto, Vibo Valentia non imboccherà la strada del rilancio.
All’interno di una realtà complessa e diversificata com’è la Vibo contemporanea diventa fondamentale e non più rinviabile agire tramite interventi in grado di innescare un cambiamento nello sviluppo della città stessa da un punto di vista sociale, economico e culturale.
La prima domanda alla quale abbiamo il dovere di trovare la risposta è: cosa vogliamo farne di questa città? Cosa vogliamo che sia la nostra Vibo Valentia?
Ed allora, invochiamo l’avvento di figure in grado di costruire il futuro vivibile della nostra Vibo Valentia.
Questa città ha bisogno di un pattuglia di uomini e donne che con generosità ed altruismo si offrano al sacrificio per puntare verso questi obiettivi, una pattuglia – perché la donna o l’uomo solo al comando non funziona più – che mi piacerebbe denominare citymakers.
Creiamo i citymakers!
Il primo impegno da assumere è quello di individuare le soluzioni per combattere il degrado urbano – inteso come mancanza di opportunità, assenza di una comunità di riferimento, diffusione della criminalità e trascuratezza a proposito dei beni architettonici, storici, ambientali – nella convinzione che non si possa prescindere da una logica di sviluppo se non si richiede una costante e rigorosa attenzione, una compartecipazione attiva da parte dei beneficiari, ovvero i cittadini, che sono così chiamati a prendersi cura dello spazio pubblico e dell’integrazione che questo produce. E l’unico modo per favorire la proliferazione di un simile comportamento – e mantenerlo vivo – consiste nel prevedere interventi a partire dalle esigenze peculiari del contesto.
Le stesse pratiche di rigenerazione urbana devono essere pensate come processi sul territorio che possono assumere forme differenti: la manifestazione artistica (pensiamo a Vibo Valentia come città degli scambi culturali, sul modello del CEV ad esempio, sviluppati nei diversi ambiti delle possibili espressioni così da farne appuntamenti periodici e costanti), la progettazione di spazi pubblici (se Vibo Valentia è già un cantiere, altro si può e si deve progettare e realizzare, purché nel solco di una vocazione naturale che è strettamente, intimamente, legata alla sua storia millenaria), la valorizzazione dell’ambiente storico-archeologico (deve prendere forma definitiva l’idea di “Vibo Valentia museo diffuso all’aperto”, non rinviando più l’avvio del suo straordinario Parco Archeologico e potenziando ogni altro aspetto che dia forza a questo patrimonio); o la realizzazione di un mix funzionale in aree mono caratterizzate; il tutto in chiave economica (Vibo Valentia deve diventare – a mio modesto parere – il capoluogo dell’artigianato e delle piccole imprese artigiane e commerciali, deve diventare città dell’accoglienza guardando al turismo attraverso il proliferare di tutte le forme che favoriscano pernottamenti, ristorazione, intrattenimento e attività similari; deve essere città inclusiva, senza barriere e in armonia con le sue frazioni, alle quali dare ruolo e dignità).
In ogni caso, ognuna di queste azioni dovrà essere accomunata dalla presenza di elementi di creatività e di vitalità ponendosi l’obiettivo di valorizzare il contesto da sviluppare, in un ambito già identitario: si tratta dunque di una vera e propria attività culturale in quanto si esprime attraverso la conoscenza e il potenziamento di dinamiche già in atto (ma mai sufficientemente sostenute e promosse) per dare nuove soluzioni ai problemi posti dall’ambiente naturale e sociale.
Il contesto di riferimento in cui queste azioni dovrebbero essere pensate per poi concretizzarsi è già composto dal suo ricco patrimonio culturale storico e ambientale, riconosciuto e vissuto sia nella sua dimensione materiale (beni architettonici, spazi pubblici, paesaggio) che nel suo aspetto immateriale (legami sociali, saperi e tradizioni).
Tutto questo presenta un alto grado di complessità con il quale fare i conti, se davvero si vuole programmare il futuro vivibile di Vibo Valentia, poiché impone agli operatori urbani, a questi citymakers – come li abbiamo battezzati volendoli creare per la gestione e la programmazione della nostra città – di chiedersi quali siano gli elementi di senso per l’area urbana di riferimento e in, particolare, per la comunità di persone destinatari del cambiamento.
Si tratta di un compito estremamente delicato perché alla base di ogni intervento esiste un problema nell’individuare, nell’ottica di un’operazione reale e non di facciata, obiettivi comuni e condivisi per gli stessi abitanti; lo sviluppo urbano infatti può essere inteso in molti modi: il raggiungimento di una maggiore sicurezza, un’ampia e articolata offerta di servizi, una rete sociale con cui poter condividere la propria quotidianità; ovvero, tutti questi bisogni insieme.
Il tema della rigenerazione urbana appare, dunque, come una sfida che impone una lettura sistematica del territorio, mai disgiunta dalla propria storia (che chi amministra ha il dovere di conoscere e rispettare), affinché la pianificazione non sia staccata dalle esigenze reali, dal contesto storico al quale doverosamente riferirsi per evitare lo scollamento tra il cittadino ed il Palazzo.
Prima che sia troppo tardi, con i giochi di palazzo già compiuti, ne vogliamo parlare?
Vogliamo accettare la sfida di creare i “Citymakers per Vibo Valentia”?
Saremo capaci di mettere le idee davanti agli uomini? E chiedere il consenso su un progetto di futuro vivibile, piuttosto che su una singola persona?