Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 9 giugno
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i, oggi,
con questo brano del vangelo di Marco, celebriamo la 10ª domenica del tempo ordinario. Gesù come uomo è libero e porta liberazione da quei legami familiari, che tendono a soffocare la persona, a discapito di un senso familiare aperto al respiro dell’umanità; e porta, ancora, liberazione da quelle strutture religiose che non consentono l’adorazione di Dio “in spirito e verità”. Accostiamoci al testo:
“In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “È fuori di sé”. Gli Scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: “Costui è posseduto da Beelzebul e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni”. Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: “Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi”…. Giunsero sua madre, i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano”. Ma egli rispose loro: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”.(Marco 3, 20-35).
Gesù ormai da mesi, dopo aver lasciato Nazareth, percorre villaggi e città della Galilea, portando a tutti la buona Novella. Oggi lo troviamo a Cafarnao, in una casa, così piena di gente a tal punto da non poter muovere un passo e neppure prendere un boccone di cibo.
La notizia di questo giovane profeta itinerante che ha, come cattedra, la strada e, come discepoli, ogni sorta di umanità, senza alcuna discriminazione, corre per tutta la Palestina. C’è tanta preoccupazione tra i familiari di Gesù che vivono a Nazareth e, ancor più, tra i responsabili dell’apparato religioso del Tempio di Gerusalemme.
I familiari, legati da vero affetto, si preoccupano per il nuovo stato di Gesù che, da umile carpentiere, è divenuto predicatore e guaritore. Sollecitati, probabilmente, dal Rabbino della Sinagoga di Nazareth, i parenti più stretti decidono di partire per Cafarnao (40 chilometri) con l’intento di riportare Gesù alla normalità, perché, secondo loro: “È fuori di sé”.
Il piccolo gruppo è composto dalla madre di Gesù e dai familiari più vicini. Manca all’appello Giuseppe, forse perché trattenuto dal lavoro da eseguire per una urgente consegna, o forse, perché volato di già al Cielo! Non lo sappiamo! I vangeli sono molto parchi nel darci notizie su questo umile servitore del misterioso piano di Dio.
E partono da Gerusalemme anche gli Scribi, i teologi del Tempio, custodi dell’ortodossia, per verificare la veridicità della dottrina del nuovo profeta.
Tutti preoccupati, quindi, per Gesù!
I familiari per affetto e per proteggere la sua salute (non poteva neppure mangiare!); gli Scribi perché Gesù predica senza l’autorizzazione del Sinedrio. Poi, loro, non riuscendo a giustificare le guarigioni, affermano che il tutto Gesù lo compie perché posseduto dal demòne Beelzebul, letteralmente “il signore delle mosche” o “dei letamai che attirano le mosche”. Neppure un demòne più decente
assegnano gli Scribi all’operato di Gesù!
“Ma Gesù li chiamò e con parabole diceva loro”…
Gesù è il profeta del dialogo, apre sempre, nei muri più spessi, feritoie di luce. Spiega che satana non può scacciare satana ed un regno diviso non potrà a lungo stare in piedi… Restano muti gli Scribi dinanzi alle stringenti argomentazioni di Gesù, perché i loro cuori sono induriti e le loro menti sono assenti e, così, decidono di condannare Gesù e lasciarlo fuori dall’ortodossia della Legge.
Ma Gesù, del resto, è stato sempre “fuori”: è nato fuori Nazareth, il suo paese, è cresciuto lontano dal suo popolo, in Egitto, qual forzato immigrato, ha predicato sempre fuori, perché cacciato anche dalla sua Sinagoga… Ma resta sempre vicino a tutti coloro che sono dalla società spinti “fuori”, perché Lui “è venuto per salvare quello che era perduto” (Luca 19,10). E muore fuori Gesù, sul monte Calvario, lontano da Gerusalemme, la città della Pace.
E resta fuori Gesù dall’ambito di una famiglia che soffoca lo spirito vitale. Per Gesù la famiglia deve dare solide radici e robuste ali per spaziare e volare in alto, alla ricerca di sempre nuove conoscenze. La visione di una famiglia, aperta al respiro del mondo, è suggellata dall’affermazione di Gesù: “Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella, madre”. Nell’economia di questa nuova visione non è più il sangue, non è più l’appartenenza ad un nucleo familiare il determinare le relazioni con Gesù, ma è la parola di Dio, e solo la Parola, che genera il sogno di una fratellanza universale, dove non c’è posto per le guerre, le droghe, le corruzioni, le ingiustizie…
È un sogno, sì, ma è il sogno di Dio, affidato a persone di buona volontà, col compito di realizzarlo. E per realizzare questo sogno:” Abbiamo bisogno di te, Gesù, di te solo e di nessuno altro. Tu, solamente Tu, che ci ami, puoi sentire per noi tutti che soffriamo, la pietà che ciascuno di noi sente per se stesso. Tu solo puoi sentire quanto è grande, incommensurabilmente grande, il bisogno che c’è di Te in questo mondo, in quest’ora particolare del mondo”…. (Giovanni Papini: La storia di Cristo, Vallecchi, 1923)
Buona domenica. Don Giuseppe Fiorillo.