Le auto da rottamare venivano riempite con altri scarti di lavorazione per aumentarne il peso
Se la cosa non fosse estremamente grave e pericolosa dal punto di vista ambientale e per la salute delle persone si potrebbe dire che ci sia stata approssimazione nello smaltimento di rottami ferrosi e carcasse, però così non è perché quello che hanno scoperto i militari del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale del Gruppo Carabinieri Forestale di Reggio Calabria è un vero e proprio traffico illecito di rifiuti finalizzato al risparmio dei costi ed alla commercializzazione dei rifiuti stoccati in alcune aziende, in assenza dei trattamenti previsti e con formulari con dati falsi sulla tipologia dei rifiuti, che ha portato ad indagare 8 persone.
In poche parole, in alcune aziende del reggino venivano sistematicamente gestiti veicoli fuori uso senza prima averli sottoposti alla bonifica obbligatoria che prevede l’asportazione di tutte quelle parti che vengono definite rifiuti pericolosi e quindi da sottoporre a distinti cicli di recupero e smaltimento.
Il prodotto finale quindi veniva tutto falsamente commercializzato come rifiuto non pericoloso, in alcuni casi poi all’interno delle carcasse venivano anche messi scarti di lavorazione o altri rifiuti privi di valore commerciale che dovevano essere smaltiti separatamente con ulteriori costi, il tutto per aumentarne il peso in modo fraudolento.
Le carcasse trattate, in pratica venivano ridotte di dimensioni attraverso un meccanismo di compressione che le riduceva nei cosiddetti “pacchi auto “o “pacchi carrozzeria”, ma all’interno ci si poteva trovare di tutto.
Anche le balle di paraurti che di solito vengono sottoporre a riciclo, erano in realtà mescolate con gli altri rifiuti, anche pericolosi, destinati a smaltimento.
I carabinieri, poi, durante le indagini hanno scoperto anche che non solo le auto subivano questo trattamento, persino i rifiuti come le apparecchiature elettriche, che in gergo tecnico vengono definite RAEE, venivano mandate agli impianti specializzati nel riciclo e nella valorizzazione, senza privarli delle parti pericolose e, anche queste venivano riempite di altri rifiuti.
Anche gli estintori esausti non erano trattati a norma, perché venivano schiacciati con dei mezzi meccanici con la conseguente esplosione e il rilascio in atmosfera di polveri pericolose, stessa sorte per il fusti metallici che non erano preventivamente bonificati togliendo i liquidi contenuti e, una volta schiacciati, causavano sversamenti sul suolo aziendale o mescolati con altro materiale metallico trattato e conferito ad altre aziende.
In questo modo tutto quello che veniva gestito in queste aziende diventava automaticamente non pericoloso, perdendo quindi nelle bolle quel “asterisco”, da dove prende il nome l’operazione, che contraddistingue appunto i rifiuti pericolosi
Ai responsabili legali delle aziende, oltre che al reato di traffico illecito di rifiuti, sono stati anche contestati i reati di invasione di terreni, perché avevano messo i rifiuti anche su terreni, pubblici e privati, al di fuori delle aree aziendali, nonché il deturpamento e imbrattamento di cose altrui.
A questo punto i Carabinieri hanno sequestrato le quote sociali e i patrimoni aziendali di due società, i patrimoni aziendali di due ditte individuali nonché di un furgone utilizzato per la movimentazione dei rifiuti.