Elucubrazioni di un fine settimana settembrino
di Alberto Capria*
Il prossimo governo ha l’obbligo di mettere seriamente al centro la scuola: pena l’inesorabile declino.
Negli ultimi decenni molti ministri della pubblica istruzione si sono succeduti (con il prossimo saranno 5 in 4 anni); le molte riforme avviate hanno prodotto ciclici peggioramenti: e in una scuola in cui la “valutazione” tende a ridurre l’azione didattica a performance misurabile, molto è destinato a perdersi.
Tutto dev’essere quantificato in un lavoro che, in realtà, non può esserlo secondo una stolta logica aziendalistica: in gioco sono innanzitutto i nostri allievi, la comprensione, il tessuto sociale , formazione, capacità di interpretazione, approfondimento, empatia.
Una vera scuola non può reggersi sulla misurazione, perché nella concreta pratica scolastica entrano in gioco fattori non misurabili statisticamente (la statistica, secondo G.B. Shaw è quella scienza in base alla quale con dati uguali due persone giungono a conclusioni diametralmente opposte); sono i fattori della soggettività, dei vissuti, dei luoghi, delle condizioni emotive , della qualità della vita, dei rapporti fra pari.
Nella scuola che si configura nelle linee ministeriali – emanate in scadenza di mandato – tali fattori non contano rispetto al principio di “performance”.
L’ossessione della misurazione e del controllo non considera che il sapere non si acquisisce mai una volta per tutte, non diventa un possesso stabile e statico; è sempre in divenire, è un processo – spesso lento – di maturazione.
Conta la passione per la cultura ed il sapere, non il possederli e il quantificarli!
L’insegnamento senza affettività, senza la passione per il “vero come intero” (direbbe Hegel), centrato su misurazioni e test standardizzati, diventa uno strumento per limitare lo spirito critico e trasformare gli utenti della scuola (qualche volta hanno ragione) in clienti (hanno sempre ragione).
Il principio in base al quale, dato che alcune scuole corrono a 200 all’ora tutte le scuole debbano raggiungere quella velocità, è miope ed offensivo allo stesso tempo.
E’ la logica confindustriale dei risultati – fissati da chi? – da conseguire a tutti i costi.
“L’oggettività delle prestazioni” misurabili, non è scuola; essa – diceva Don Milani – o è per gli studenti o non è scuola.
Quella vera e propria smania riformistica che ormai da decenni ha coinvolto governi di ogni tipo e colore politico (anche l’ultimo che ha avviato cambiamenti da ”scaduto”), ha quasi sempre avuto esiti nefasti.
Un tempo c’erano i “Prèsidi” concentrati su scuola, didattica, formazione; oggi, da “dirigenti scolastici” gravati da responsabilità uniche nella pubblica amministrazione, ci occupiamo di sicurezza, forniture, anticorruzione, codici e codicilli, privacy, monitoraggi quotidiani, sanità, citazioni in giudizio, sciocchezze varie; ci improvvisiamo investigatori, avvocati, consulenti, mediatori culturali, raccoglitori di fondi, esperti di marketing, muratori, ingegneri edili, psicologi e … psichiatri. Il tutto mentre curiamo gli orpelli burocratici ministeriali, proposti spesso senza avere la minima idea di cosa sia la quotidianità scolastica. Insomma, novelli Supereroi: e.. la didattica?
Una scuola è tale se mette in primo piano didattica, ricerca e studio, passione per la libertà e spirito critico, partecipazione, solidarietà, relazioni, ricchezza di umanità, spiritualità e cultura: e al diavolo le “misurazioni”.
Le poche scuole che lo fanno, interessandosi poco ai test, alle molestie burocratiche e all’applicazione pedissequa di dettati ministeriali, e concentrandosi su didattica, relazioni, serenità di ambiente di lavoro e di studio, quasi mai si trovano nel “giusto”: da altri deciso.
Lo dico al prossimo governo – di destra, sinistra, centro destra o centro sinistra: mettete davvero al centro della vostra attività quinquennale la SCUOLA: e, possibilmente, lasciatela fare a chi di scuola capisce ed a chi la conosce nel profondo.
*Dirigente Scolastico