Marco Martino coglie l’occasione del passato pericolo per il Comune di Mileto dichiarando la sua soddisfazione e esprime vicinanza ai colleghi sindaci che hanno affrontato un percorso doloroso e difficile
Mileto può respirare finalmente dopo il lungo periodo di attesa, vissuto sempre sotto le forche caudine di un possibile scioglimento per infiltrazioni mafiose. Mileto può respirare con soddisfazione della classe politica vibonese, compreso un esponente come Marco Martino, che non ha potuto vivere la stessa emozione, perché sindaco di Capistrano che invece ha subito lo scioglimento.
Martino però coglie l’occasione per affiancarsi a quanti esprimono soddisfazione e contemporaneamente togliersi qualche sassolino dalle scarpe.
Scrive Marco Martino: “Accolgo con soddisfazione le recenti decisioni del Consiglio dei Ministri sui comuni di Nicotera e Mileto. Ritengo che il governo abbia finalmente scelto di contrastare le azioni che minano i principi democratici della pubblica amministrazione, attraverso interventi che tutelano il diritto delle comunità a essere amministrate da organi democraticamente eletti. L’articolo 143 del TUEL è stato spesso criticato per la sua complessità interpretativa, ma le sue modifiche successive hanno reso più chiari i concetti di univocità e rilevanza. Questi termini, di per sé fondamentali, dovrebbero lasciare poco spazio a interpretazioni di parte e delineare invece un quadro applicativo omogeneo. Tuttavia, negli ultimi anni, diversi enti istituzionali non sono riusciti a comprendere appieno il significato giuridico di queste direttive, trasformandole in strumenti di controllo spesso non in linea con la reale finalità della legge”.
“Emblematico è il caso della Prefettura di Vibo Valentia – sottolinea l’ex sindaco di Capistrano – che ha amplificato il ricorso alle commissioni d’indagine in misura sproporzionata rispetto alle altre regioni italiane. Eppure, i dati dimostrano che la realtà dei fatti non giustifica un simile accanimento. Anche le recenti dichiarazioni del generale Battistini, ex commissario dell’ASP di Vibo, sollevano questioni importanti, evidenziando le carenze e i limiti dei membri delle commissioni straordinarie, le cui indagini sembrano spesso basarsi su congetture più che su fatti concreti. Di frequente, le commissioni contestano relazioni o comportamenti di natura meramente istituzionale, che non hanno alcuna attinenza con il contesto in esame. Spesso si tratta di atti dovuti, imposti dalla normativa e non evitabili. Paradossale è, poi, che un amministratore possa essere giudicato inopportuno per aver acquistato della frutta da un ambulante con un passato discutibile, eventi del tutto irrilevanti rispetto al mandato istituzionale. E poi, tante anomalie come la nomina a commissario straordinario della stessa persona che aveva precedentemente indagato sull’ente”.
Va giù diretto Marco Martino: “In questo clima, senza possibilità di difesa, l’invio di commissioni d’accesso o lo scioglimento di consigli comunali avviene spesso in risposta a pressioni mediatiche e non a dati di fatto. Questo fenomeno mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e scoraggia figure altamente qualificate dal candidarsi, temendo di subire accuse infondate e danni d’immagine. È quindi sempre più difficile trovare candidati preparati e motivati a contribuire al bene della comunità. Se questa prassi è conforme al Testo Unico sugli Enti Locali, accetteremo la realtà dei fatti e continueremo a resistere nelle sedi giudiziarie opportune. Tuttavia, alla luce degli ultimi sviluppi e delle parole del Ministro Piantedosi, spero che si avvii una riflessione seria per cambiare rotta e garantire un’applicazione delle norme equa e rispettosa della democrazia.
Per concludere Marco Martino torna al clima iniziale, più sereno, affermando di voler “esprimere la mia vicinanza ai colleghi sindaci che hanno affrontato un percorso doloroso e difficile, non solo per il loro ruolo istituzionale, ma anche a livello personale. A loro auguro di proseguire con passione e impegno per il bene delle proprie comunità. Da parte nostra, resta il dovere di difendere l’applicazione corretta delle norme e il rispetto della democrazia, non contro lo Stato, ma contro logiche che ne compromettono la reale efficacia e i valori”.