Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 9 ottobre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
oggi, con questa pagina del vangelo della 28.ma domenica del T. O. siamo sempre con Luca (Lc 17,11-19) e sempre in viaggio verso Gerusalemme. Un itinerario quasi illogico, perché ritorna ai confini della Samaria con la Galilea per rivedere quei luoghi considerati infedeli (la Samaria) e ignoranti della vera fede giudaica (la Galilea).
Gesù vuole incontrare, per l’ultima volta ,coloro che, da Scribi e Farisei, sono ritenuti perduti e dare loro fiducia e coraggio per uscire dalle loro periferie esistenziali.
“Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversa la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: Gesù, Maestro, abbi pietà di noi. Gesù disse loro: andate e presentatevi ai sacerdoti “(Lc 17,11-14).

Umanità malata.
Sono dieci lebbrosi come il numero minimo per aprire un’assemblea sinagogale; sono dieci lebbrosi, di paesi diversi, con storie diverse, ma uniti dalla comune sofferenza e dall’unica voce che grida: Gesù, maestro, abbi pietà di noi.
I lebbrosi attraversano le pagine della storia d’Israele.
Una volta dichiarati immondi venivano cancellati dall’anagrafe della Sinagoga e venivano allontanati e regolati dalle norme contenute nei capitoli 13 e 14 del Levitico: camminare a testa nuda, indossare vestiti particolari, abitare grotte o capanne, sempre lontani dagli agglomerati umani e, alla vista di persone, gridare: “immondo immondo”.
Questa la situazione desolante dei lebbrosi!
Ecco perché Gesù, ogni qualvolta che incontra dei lebbrosi, li guarisce. Gesù è per la vita di comunità, e questo è il motivo per cui li manda dai sacerdoti, custodi dell’anagrafe, per essere riscritti in quei registri dai quali erano stati cancellati e riprendere, così, la vita sociale.
Oggi Gesù non guarisce i dieci sul posto, come altre volte, ma li mette in cammino chiedendo loro un supplemento di fiducia: andate e presentatevi ai sacerdoti.
“E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro a lodare Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?…Tu alzati e vai; la tua fede ti ha salvato! ( Lc 17,14-19)
Sono stati guariti dalla malattia tutti e dieci, ma uno solo, il samaritano, lo scismatico, è stato salvato.
Una cosa è guarire nel corpo, vittoria della vita sulla morte, un’altra è entrare nella salvezza, nell’integrità di tutta la persona, unità di corpo, mente e spirito.
Oggi abbiamo urgente bisogno di Gesù per essere guariti nel corpo ( quanti tumori, quanti infarti, quanta infermità nel mondo!), ma ancora di più abbiamo bisogno di essere salvati “dalla lebbra del peccato” con la liberazione dalle malattie ben più grandi di quelle fisiche:
- guariti dal nostro egoismo, dalle nostre avidità di rapina dei beni della terra che Dio ha dato a tutti;
- guariti dal chiuderci dentro la cerchia delle nostre famiglie, del nostro casato, del nostro club,della nostra chiesa;
- guariti dal nostro cuore che non sa andare oltre l’indifferenza, malattia del nostro tempo, carico di fragilità;
- guariti dalla nostra incapacità di essere solidali con chi soffre, con chi non ha nulla, con chi è diverso, con chi è costretto a sdradicarsi dalle proprie radici, con chi è discriminato dalle logiche perverse del potere.
Abbiamo bisogno di guarigione, ma, ancor più, di salvezza, di uomini e donne che dicano “grazie”…perché la gratitudine è la memoria del cuore, è la felicità raddoppiata dalla sorpresa.
Buona domenica con un avvertimento: “guarire gli uomini dalla loro ingratitudine è ben più difficile che guarirli dalle loro malattie”(Jacques Maillot).
Don Giuseppe Fiorillo